Bancarotta da 20 milioni, Curti arrestato per scontare la condanna definitiva a 9 anni

TERAMO – E’ stato eseguito nella mattinata di ieri, l’ordine di carcerazione che ha portato in cella Guido Curti, l’imprenditore teramano 50enne, condannato in via definitiva a 6 anni di carcere per bancarotta fraudolenta nell’inchiesta sul crac da oltre 20 milioni di euro con il fallimento pilotato di alcune società. L’arresto, eseguito ad Alba Adriatica dai militari del nucleo operativo di quella Compagnia, arriva distanza di quasi tre mesi dalla sentenza definitiva, pronunciata ai primi di ottobre dalla Corte di Cassazione. Gli ermellini avevano rigettato il ricorso di Curti e dell’altro principale imputato, Maurizio Di Pietro, accogliendo la richiesta della Procura generale di confermare la condanna inflitta sia in primo che in secondo grado, annullando invece senza rinvio quella ad un anno nei confronti del fratello di Di Pietro, Nicolino, per intervenuta prescrizione.
Curti è rinchiuso nel carcere di Castrogno. Dovrà scontare complessivamente 9 anni e 5 mesi di reclusione per un cumulo di pene, riconducibili in parte alla sentenza per bancarotta di questo crac, in parte per altre condanne relativa a procedimenti per truffa che erano stati definiti da tribunali marchigiani. All’indomani della sentenza di Cassazione si era discusso del destino, prevedibile per il passaggio all’esecuzione della condanna, di entrambi gli attori di questo processo che ha tenuto alta l’attenzione dell’opinione pubblica teramana. Mentre per Curti il cumulo con altri procedimenti ne ha determinati l’ingresso in carcere, per Di Pietro la situazione è diversa, non essendo stato superato. Il limite entro il quale è possibile percorrere percorsi alternativi alla detenzione. Il crac, nella sua definizione giudiziaria, è ancora sotto esame dei giudici. Quello passato al vaglio della Cassazione è infatti soltanto la prima tranche dell’inchiesta originaria, il cui processo era stato avviato al tribunale di Teramo nel 2010. Esiste poi il procedimento bis, sempre per reati residuali di bancarotta, definito finora soltanto nel primo grado di giudizio, celebrato nel 2016, e di cui si attende l’appello. E’ quello che aveva visto l’assoluzione del consulente delle società di Curti e Di Pietro, Carmine Tancredi, e la condanna di altri tra amministratori di fatto e di diritto delle varie società coinvolte nel crac. Per questo processo Curti e Di Pietro sono stati condannati entrambi a 4 anni di reclusione.